Riad Salame, da 30 anni inamovibile governatore della Banca centrale libanese, è sempre più al centro di una lotta intestina tra le élite politiche libanesi, al potere anch’esse dalla fine formale del conflitto intestino (1975-90). Questa lotta si sta inasprendo ora che nel paese si avvicinano le attese lezioni legislative del 15 maggio prossimo.
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Per contribuire a stimolare riflessioni e domande sulle dinamiche di potere nei contesti mediterranei. Leggi di più…
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Sono Lorenzo Trombetta. Per 25 anni ho vissuto e lavorato dall’altra parte del Mediterraneo. Leggi di più…
Da una parte, c’è il fronte pseudo-giustizialista incarnato dal partito della Corrente patriottica libera, fondato dal presidente della Repubblica Michel Aoun (il cui mandato scade formalmente quest’anno), da 16 anni alleato degli Hezbollah vicini all’Iran, e guidato di fatto dal genero di Aoun, Gibran Bassil.
Dall’altra parte c’è un altro inamovibile esponente dell’oligarchia libanese: Nabih Berri, presidente del parlamento a vita, leader del movimento Amal alleato anch’esso degli Hezbollah, e sponsor principale di Salame.
Salame, già inquisito in diversi paesi europei per una serie di illeciti finanziari, è sotto inchiesta in Libano assieme al fratello Raja. A guidare le iniziative giudiziarie senza precedenti c’è il giudice Ghada Aoun, non un parente del capo di Stato ma considerata da più parti vicina al presidente Michel Aoun.
Nonostante le misure giudiziarie, intraprese dal giudice Aoun con un ritmo sempre più serrato in questi primi mesi del 2022, Salame non solo non è finito i carcere ma non si è nemmeno dimesso. Continua ad affermare che le accuse sono infondate e che lui ha già dimostrato di non aver commesso alcun illecito.
Il giudice Aoun ha anche emesso un mandato di comparizione nei confronti del capo della polizia, Imad Uthman, accusato di non aver eseguito l’ordine di arresto nei confronti di Salame. Ma anche Uthman, protetto dall’ex premier Saad Hariri e dallo stesso Berri, è ancora al suo posto.
In Libano non si sta svolgendo una partita tra buoni e cattivi. Tra chi vuole la giustizia e vuole genuinamente lottare contro la corruzione e chi invece si trincera dietro le immunità istituzionali per sfuggire alla legge.
Prima di giungere a conclusione su una vicenda ancora tutta da scrivere, suggerisco di porsi una serie di domande chiave, a cui non sempre sarà facile trovare risposta immediata.
ALCUNE DOMANDE DI PARTENZA
- Quando la giustizia libanese ha cominciato a interessarsi all’operato di Salame? Prima o dopo il palesarsi della crisi libanese nell’autunno del 2019?
- Quale legame unisce Nabih Berri a Riad Salame? Berri protegge Salame perché quest’ultimo custodisce molti dei segreti sugli illeciti di Berri e degli altri signori del potere in Libano?
- E quale rivalità scorre tra il presidente Aoun e Berri? Aoun e i suoi non hanno davvero nulla da temere dai segreti che potrebbe rivelare Salame?
- Chi è Ghada Aoun e perché è indicata come vicina al capo di Stato?
- Secondo quale meccanismo, il governatore della Banca centrale non si dimette se inquisito all’estero e in patria?
- Perché le magistrature dei paesi europei, tra cui la Francia, hanno cominciato a interessarsi a Salame soltanto dopo il 2019? E’ forse saltato un patto politico tra alcuni sponsor europei dell’oligarchia libanese e la stessa oligarchia?
- E che ruolo svolge in questa dinamica Hezbollah, alleato sia di Berri che di Aoun? Il Partito di Dio insiste nel mostrarsi come l’unica formazione politica non corrotta del Libano post-guerra civile. Hezbollah ha da temere da una eventuale apertura del vaso di Pandora dei segreti finanziari del Libano custoditi da Salame?
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